La sentenza della III Corte di Assise di Roma di ieri, 17 gennaio 2017, rappresenta un evento di portata storica, essendo il primo giudizio di condanna di un tribunale nei confronti dei responsabili dei sequestri, delle torture, delle morti e dei desaparecidos avvenuti tra gli anni 70 ed 80 del secolo scorso, in America Latina, come parte di una strategia internazionale orchestrata e coordinata tra le istituzioni e le forze militari golpiste di quei paesi.
Una sentenza che per la prima volta dopo quarant’anni rende giustizia alle vittime della follia omicida delle dittature golpiste latinoamericane. Otto ergastoli. Condannati alla pena massima i vertici politici e militari delle dittature di Uruguay, Cile, Bolivia, e Perù, confermando l’impianto accusatorio che finalmente vede riconosciuto il piano eversivo e criminale dell’operazione Condor.
La Corte, invece, ha assolto i militari uruguayani, compreso Nestor Troccoli, l’ex-capitano della Marina Uruguayana, con doppia cittadinanza italo-uruguayana, oggi residente in Italia, tutti accusati del sequestro, tortura, morte di venti cittadini uruguayani, per non aver commesso i fatti e per prescrizione del reato di sequestro. Una sentenza, questa, che ha lasciato esterrefatti i familiari delle vittime, giunti appositamente dall’America Latina con la profonda speranza di veder finalmente riconosciuta giustizia e dignità per i loro cari, certi di aver fornito prove e testimonianze sufficienti per il riconoscimento della colpevolezza degli imputati.
Occorrerà attendere le motivazioni della sentenza, che la Corte fornirà entro novanta giorni, per capire il ragionamento complessivo e le singole decisioni, caso per caso, e per consentire agli avvocati di istruire il ricorso in appello. Ma, una prima valutazione condivisa con il collegio degli avvocati di parte civile, con i familiari delle vittime presenti e con le associazioni che hanno sostenuto il processo, è che la sentenza di Roma è un passo storico di grande importanza per la ricostruzione della verità e della giustizia nei confronti delle migliaia di vittime delle dittature militari degli anni settanta del secolo scorso. Un passo a cui ne dovranno far seguito altri, a partire dall’appello contro le sentenze di assoluzione dei militari uruguayani, all’impegno collettivo, internazionale ed in ogni singolo paese dell’America Latina per mantenere viva la memoria sui crimini di lesa umanità avvenuti in quegli anni, rompendo i muri dell’omertà, delle protezioni e dell’impunità che ancora esistono.
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