La consultazione pubblica, lanciata dalla Commissione europea per volontà del Presidente Juncker, sul pilastro dei diritti sociali si è conclusa nel 2016. Nel corso del 2017, la consultazione sarà seguita da una grande Conferenza europea e poi, successivamente, da un Libro bianco della Commissione.
Intanto, il 19 gennaio 2017, riunito in plenaria, il Parlamento europeo (con 396 voti a favore e 68 astensioni) ha adottato la sua Risoluzione su un Pilastro europeo dei diritti sociali.
“Oggi – ha precisato relatrice, la portoghese Maria Joao Rodriguez (S&D) – molti cittadini europei sono privi di protezione dinanzi alla competizione globale, la rivoluzione digitale e le politiche di austerità. Con questo Pilastro dei diritti sociali, noi miriamo a riattivare l’UE come un scudo protettivo per prevenire la povertà infantile, per rafforzare la garanzia giovani, per garantire i diritti sociali basilari anche alle persone che lavorano con nuove forme di occupazione, eventualmente introducendo una Carta di sicurezza sociale UE per aiutarli a tener traccia dei loro contributi ai regimi sociali ovunque lavorino nel mercato unico europeo”.
Gli europarlamentari invitano la Commissione europea a proporre regole di lavoro decente, valide in tutta l’Unione europea, e per ogni forma di occupazione (ivi incluso nuove forme di lavoro, lavoro su richiesta, e intermediato da piattaforme digitali). Chiedono anche un rafforzamento degli standard per contrastare il lavoro non dichiarato; per formazione e lavoro dignitoso, ivi incluso paghe adeguate per interni, apprendisti e persone in formazione.
In estrema sintesi – per la Relatrice – la principale sfida da affrontare nella definizione del pilastro dei diritti sociali e nel tentativo di aggiornare il modello sociale europeo (che presenta molte varianti nazionali e in ciascun paese disposizioni specifiche, benché i paesi sono interdipendenti), è è che le nostre strutture di Stato sociale stiano “al passo con il cambiamento demografico, la tecnologia, la globalizzazione e il recente e significativo aumento di disuguaglianze sociali”. Senza un Quadro comune europeo, gli stati membri sono destinati a restare intrappolati in una concorrenza distruttiva fondata su una gara al ribasso degli standard sociali. Serve una convergenza verso l’alto raggiungibile solo mediante l’azione collettiva degli stati membri. L’investimento sociale consiste nell’offerta pubblica (e relativo sostegno) di servizi (assistenza per l’infanzia, istruzione, apprendimento permanente, assistenza sanitaria, politiche attive del lavoro, previdenza sociale, regimi di reddito minimo, lotta all’analfabetismo). Circa i finanziamenti, in futuro, “occorrerà far minore affidamento sui contributi lavorativi e maggior tassazione generale, regolamentazione finanziaria e lotta all’evasione fiscale.. l’aumento del lavoro atipico e la crescente intensità di capitale della produzione economica suggeriscono la necessità di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro (compresi i contributi previdenziali) e di cofinanziare i regimi di previdenza sociale mediante altri proventi fiscali (ad esempio plusvalenze, imposta sul reddito o sull’inquinamento) al fine di garantire a tutti un livello decoroso di protezione sociale. Per una migliore governance economica servono anche indicatori sociali. L’euro dovrebbe divenire un motore per la convergenza verso l’alto degli standard sociali. E c’è da prevedere un uso migliore delle politiche esterne dell’UE per la realizzazione dei diritti sociali in Europa e il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile a livello mondiale. Le raccomandazioni OIL vanno applicate in tutto il mondo, in cui a una migliore protezione sociale dovranno contribuire accordi commerciali, partenariati strategici, politiche di sviluppo, politica di vicinato, e l’agenda europea sulla migrazione. L’Europa sociale è e deve essere rivolta a tutti.
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